INTRODUZIONE

Il nucleo forte della ritualità prizzese è stata nei secoli la celebrazione della Settimana Santa.
Essa si è sviluppata attraverso una serie di momenti clou che prendono l'avvio dalla Domenica delle Palme e si concludono in crescendo il giorno di Pasqua.
In questi riti che tramandano la spiritualità delle Sacre Rappresentazioni e delle Passioni medioevali si innestarono elementi nuovi che si cristallizzarono nei secoli attraverso gestualità e costumi, specifici ed esclusivi del sentimento religioso delle nostre genti.
A differenza delle altre feste che scandiscono le stagioni agricole, il fulgente protettore S. Giorgio di origine normanna, gli altari fioriti dei quartieri al passaggio del Corpus Domini, la Fiera di Prizzi associata all'esposizione della Croce, i nostri morti che riempiono le scarpe di primizie, lo scoprimento del Bambino Gesù e la miracolosa Madonna del Carmelo, i riti della Settimana Santa scavano più in profondità per la loro simbologia che riassume l'intera esistenza nel drammatico conflitto tra la vita e la morte.
Elementi comuni con altri paesi della Sicilia rimandano alla tragicità della morte di provenienza catalana e andalusa. Basta assistere alle processioni del rito del dolore e della Passione che a Siviglia si sviluppa per una settimana, con le tragiche Addolorate, vestite di nero e trafitte al cuore nella forma più macabra da lunghissimi coltelli, quei volti di Cristo dilaniati dall'angoscia per capire quanto della religiosità ispanica pervade il nostro Venerdì Santo.
L'immagine del Cristo crocifisso o deposto, grumo macabro di sangue per tutto il corpo e smorfia di dolore orrendamente terrena, ho rivisto centuplicata in corpi di umanità parossistica nell'iconografia del dolore fino all'apice dello spasimo dei Cristi deposti nelle teche di chiese del Messico spagnolo.
Poi la lunga veglia sul monte Calvario, devozione documentata identica il 6 aprile 1793 e affidata ai confrati di S. Nicolò, il pianto e i gemiti delle donne nella rinnovazione della Crocifissione e della rabbrividente Deposizione, il lunghissimo mesto corteo funebre dietro il fiorito e luminoso "littirino" del Cristo trafitto di spine.
I "mascuna" che scandiscono le ore, il suono ascendente della tromba e il ritmo ossessivo dei tamburi commentano le ore del dolore e della morte, morte dell'Uomo-Dio e della natura invernale, la nostra terrena e quella dell'anima. Poi in possente antitesi i riti della resurrezione e della vita, della primavera e della rigenerazione dal peccato.
Preceduti, come in qualche altro paese, dal fremito di palme e ramoscellidi ulivo al seguito del prete-Cristo sull'asinello, dall'ultima cena con la consueta lavanda dei piedi e dalla tradizione dei Sepolcri con gli esili pallidi steli dei "lavureddi", la vita che germoglia dal chicco morto, era rito mai smesso da mia madre battere il letto con un sarmento di nodi dispari al segnale dello scampanio dello scioglimento delle campane, il rito della flagellazione di Dioniso, dio del vino, interpretata come cacciata del diavolo.



Questo ciclo dalla morte alla vita trova il momento di esaltazione nel celebre 'ncontru dell'Addolorata ammantata di nero e dal cuore trafitto dal pugnale con il Cristo Risorto nel suo abbagliante splendore, presente in altre liturgie e rappresentazioni di paesi delle Madonie.

- Testo a cura del prof. Carmelo Fucarino e foto tratti dal sito ufficiale del Comune di Prizzi.